lunedì 1 dicembre 2014

PIOGGE, FRANE, ALLUVIONI E IL CLIMA CHE CAMBIA

Scuole chiuse a Roma, allagamenti in Liguria, esonda il Seveso in Lombardia,  sono le cronache di queste settimane. Un territorio fragile, cementificato e poco curato, manutenzioni scarse, opere di difesa idraulica mai fatte e il rischio idrogeologico ci accompagna quotidianamente in giro per l'Italia. Di cosa si è fatto, o meglio non fatto, in Veneto ho già scritto qualche anno fa, dopo l'alluvione del 2010 a Vicenza. Basti ricordare che nel quinquennio 2005-2010 i finanziamenti alla difesa del suolo nel bilancio della Regione Veneto erano calati drasticamente. Ora tutti gridano alla necessità di fare gli interventi, di bloccare il consumo di suolo, di manutendere corsi d'acqua e canali. E' solo un territorio più fragile, meno permeabile perchè cementificato, o centrano anche i cambiamenti climatici? Per farsi un'idea arriva puntuale il Rapporto 2014 sui cambiamenti climatici dell'Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC, l'organizzazione internazionale che ogni 6 anni pubblica il più documentato studio sui cambiamenti climatici, frutto del lavoro di centinaia di scienziati sotto l'egida del Programma Ambientale delle Nazioni Unite. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sull'influenza delle attività umane sui cambiamenti climatici consiglio vivamente la lettura. Sull'andamento dei "fenomeni metereologici estremi", piogge brevi ma intense per esempio, anche il Consiglio Regionale ha commissionato un rapporto sulla situazione veneta. Conclusioni: vanno perseguite azioni per l'adattamento ai cambiamenti climatici che produrranno nei prossimi anni episodi di instabilità metereologica con maggior frequenza. E quindi opere di difesa idraulica, di permeabilizzazione dei suoli, di salvaguardia del territorio agricolo. Allo stesso tempo urge una transizione energetica dalle fonti fossili, produttrici di CO2, a quelle rinnovabili. Una buona agenda pure per il Veneto.









domenica 9 novembre 2014

IL CROLLO DEL MURO IN TV

Degli eventi storici cui sono stato testimone la caduta del muro di Berlino rimane quello di cui conservo l'emozione maggiore. Perchè tanto era la convinzione comune che nulla sarebbe mai cambiato nell'est europeo quanto fu la sorpresa nell'assitere davanti alla tv a quell'improvviso crollo. Non fu solo la fine di una divisione ingiusta e violenta ma il precipitare della storia per milioni di persone anche fuori la Germania. Dalla Polonia all'Ungheria, dalle repubbliche Baltiche alla Romania fino all'onda lunga della guerra jugoslava. Per miei venticinque anni di allora il muro era presenza non solo fisica ma metaforica in ogni dibattito politico, in ogni esercizio di critica del presente. Ascoltavo i racconti di mio padre che aveva visitato Berlino ovest e spiato il grigiore oltre il filo spinato, scrutavo alla televisione i visi marmorei dei leader del blocco sovietico per individuarne una smorfia, un segno di cedimento, una scintilla. In più c'erano stati i Pink Floyd, con quel muro di Waters che era diventato il Muro. Poi inziò a trapelare dei grandi raduni alla preghiera del lunedì nella chiesa protestante Nikolaikirche di Lipsia, la preghiera per la pace, e da Lipsia a  Dresda e a Berlino. Però non capivo che il regime stava collassando da dentro, stava implodendo. Fino al quel 9 novembre del 1989 davanti alle immagini della RAI.

domenica 26 ottobre 2014

UNA METROPOLITANA DI RICORSI

SFMR, l'acronimo che sta per servizio ferroviario metropolitano regionale, segna un altro record. Dopo oltre 20 anni rimane irrealizzato e colleziona l'undicesima sentenza sul contenzioso che vede contrapporsi la NET Engineering, la società di ingegneria  che due decenni fa fece il progetto, e la Regione Veneto che avrebbe dovuto realizzarlo. L'ultima sentenza della Corte d’Appello di Venezia  ha respinto infatti il ricorso della Regione contro il lodo arbitrale che riconosce alla società di progettazione NET Engineering crediti per circa 30 milioni di euro per lavori non pagati, interessi maturati e danni patrimoniali. 
Una storia lunghissima da quando nel 1990 la Giunta Regionale scriveva  nel Piano Regionale dei Trasporti che "Le difficoltà di movimento delle persone (oltre delle merci), all’interno delle aree a più alta intensità abitativa – vi si legge - non possono essere superate se non con il ricorso al trasporto in sede fissa, per sfruttarne la facilità di penetrazione fin nel cuore delle città. Da qui la necessità di avviare un processo di integrazione metropolitana dell’area diffusa facente capo ai poli urbani di Venezia, Padova, Treviso e Vicenza" e che  "Per raggiungere questo obiettivo si potrà costruire gradualmente un Sistema Metropolitano Regionale (…)." Pure lo Stato ci credeva, fa approvare il progetto dal CIPE per un valore di 630 miliardi di lire, siamo nel 1995, e assicura il 50 % di finanziamento. La Regione nel frattempo costituisce una società ad hoc, la Metropolitana spa che affida a NET Engineering la realizzazione della progettazione definitiva ed esecutiva. Ma il matrimonio dura poco, già nel 1996 iniziano i ricorsi e gli arbitrati, sul chi fa cosa. Poi nel 1998 si riformula il contratto, il matrimonio sembra tenere, lo Stato stanzia 182 milioni di euro, siamo nel 2000. L'otto marzo del 2001, festa della donna, il Gazzettino titola a cinque colonne:"Metropolitana di superficie: al via ai lavori. Oggi partono i lavori del primo stralcio funzionale - dichiara trionfale il presidente Galan - che saranno portati a termine entro i prossimi anni, contribuendo in maniera assai rilevante a spostare traffico dalla strada alla rotaia». E invece no, la coppia scoppia, nel 2007 ricominciano i "tradimenti", si nominano periti e controperiti, e intanto il Veneto non incassa i 182 milioni dello Stato.  La Metropolitana Regionale langue, si ripetono i ricorsi e controricorsi, fino all'ultimo di pochi giorni fa.
E’ evidente che il presidente e la sua Giunta hanno completamente abbandonato a se stessa quest’opera.  La controprova schiacciante emerge peraltro dallo stesso rapporto regionale sugli appalti pubblici, nel quale si riporta che sono ben 9 gli interventi incompiuti che riguardano la metropolitana di superficie. Una voragine  del valore di oltre 70 milioni di euro, mentre del SFMR non si vede neanche l'ombra. Nel Veneto corre una lunga metropolitana di ricorsi, di cantieri incompiuti, e Zaia fa la voce grossa con Trenitalia per i disservizi senza aver mosso un dito perchè del servizio metropolitano si vedessero finalmente i treni anzichè le carte bollate.

lunedì 20 ottobre 2014

REGIONI: TAGLI SI, TAGLI NO. TAGLI COME


Regioni sprecone, devono tagliare. E no, sprecone sarai tu Stato e quindi taglia tu. Il dibattito si infiamma dopo la presentazione della legge di stabilità e la previsione di un taglio dei trasferimenti alle regioni di oltre 4 miliardi di euro. Ognuno a difendere il proprio, si dirà. E poi dopo gli scaldali e i Fiorito di turno con che faccia tosta le regioni pretendono di alzar la voce? La situazione della finanza pubblica italiana è talmente grave che senza uno sforzo collettivo, e cooperativo, tra tutti i livelli di governo per una riduzione della spesa che liberi risorse per i consumi, gli investimenti, l' occupazione, l'uscita dalla crisi non ci sarà. E' questa la considerazione che va posta in premessa e l'obiettivo che Renzi, giustamente, intende raggiungere . Perciò lo sforzo deve riguardare anche le regioni, come pure i ministeri. Se si vuole uscire dai twett per entrare nel merito meglio concentrarci sul tagliare quanto, cosa e come. Se il quanto vale 4 miliardi nel cosa non può non rientrare la sanità e il trasporto pubblico locale, le due voci che pesano per oltre il 70% dei bilanci delle regioni (il Fondo Nazionale Trasporti vale 4.9 miliardi di euro, il Fondo Sanitario Nazionale 107 miliardi di euro). E' questo il primo motivo di contrasto perchè è difficile, per Chiamparino "matematicamente impossibile", assorbire quel taglio senza toccare i servizi. Pure altri capitoli possono contribuire seppure non in maniera così consistente, dalla riduzione dei costi della politica all'accorpamento di aziende pubbliche e partecipate, come  una spending rewiev dei mille rivoli del bilancio regionale.  Infine il come: il taglio è lineare (meno tot per tutti) o selettivo (taglio dove  si spende di più)? Sappiamo che l'adozione dei costi standard per la sanità permetterebbe una significativa riduzione della spesa complessiva, premiando gli efficienti e penalizzando gli inefficienti. Perchè non cogliere questo passaggio così difficile e così necessario per spingere sul pedale dell'efficienza della spesa a livello nazionale come regionale? Se si utilizza un buon come anche il cosa può risultare meno drammatico di quanto non si dica. E' questa la strada stretta da percorrere perchè in ballo c'è molto di più anche delle legittime recriminazioni. C'è un paese che annaspa cui bisogna dare una prospettiva.
Il rapporto del Commissione Paritetica sul Federalismo Fiscale che mostra chi ha tagliato dal 2008 al 2013