Romano Prodi ha rilasciato una lunga intervista al Sole 24 Ore di ieri. Mi ha incuriosito questa formula della "politica della formica", in netta antitesi con molte mirabolanti ricette del "tutto subito" che circolano in queste settimane di campagna elettorale. Il giornalista chiede a Prodi:
Insomma ci vorrebbe un Prodi-tris?
Non scherziamo. Bersani sarà un ottimo primo ministro, nel solco
tracciato dai precedenti governi di centro-sinistra. In passato avevo
battezzato questa politica come la "politica della formica", che deve
lavorare con pazienza, riorganizzando la pubblica amministrazione per
contenerne le spese e aumentarne l'efficienza, ma investendo nello
stesso tempo nelle risorse umane, dalla scuola alla ricerca, in una
politica industriale vera, assente ora nel Paese.
.......
Ha in mente qualche modello in particolare a cui ispirarsi: la Silicon Valley californiana, la Germania, la Cina...
Da tutte le storie di successo c'è qualcosa da imparare. Noi abbiamo ottime mani, ottimi cervelli. Dobbiamo ritrovare solo un po' di orgoglio. Il sistema deve sostenere chi cerca di fare e di fare bene. Non ostacolarlo. Tanti sono gli esempi a cui far riferimento. La Corea del Sud si avvicina molto all'Italia per dimensione e, come noi, non possiede materie prime. Ebbene, investendo ogni anno più del 3% del Pil in ricerca e sviluppo, è ora prima al mondo in 7 tra i grandi settori produttivi. Pensate che i
tre colossi Samsung, Lg e Hyundai ogni anno investono dall'8 al 10% del
fatturato in R&D. Il problema principale, anche per far ripartire
il lavoro, è la produzione. È lì la chiave di tutto. In Italia manca da
tempo una politica industriale credibile. Di questo ha bisogno il Paese.
Di questo hanno bisogno le imprese e i lavoratori. È una strategia
faticosa e a lungo termine, proprio l'opposto di quanto emerge dalla
maggior parte delle tuonanti dichiarazioni di questa campagna
elettorale.
..e più avanti aggiunge....
Volevo ricordare a proposito di chi afferma che il centro-sinistra
non è una forza di governo ma il partito della spesa, che non è affatto
così. Questo è dimostrato dai numeri dei due esecutivi dei quali ho
avuto la responsabilità. In entrambi i governi la quota del debito
pubblico è diminuita di oltre dieci punti senza rallentare il trend di
crescita.
Quali sono questi numeri?
Alla conclusione del mio ultimo governo, a maggio 2008, il rapporto
deficit/Pil era al 2,6%, il debito pubblico era di 1.654 miliardi di
euro, il rapporto debito/Pil a 106,1. Il 16 novembre 2011 - quando
Berlusconi ha lasciato il governo - il rapporto deficit/Pil era salito
al 3,8%, il debito pubblico a 1.912 miliardi - ben 258 miliardi di euro
in più in soli tre anni. Ora esso ruota attorno ai 2mila miliardi, con
il rapporto debito/Pil salito al 120,7%. Gli italiani avranno anche la
memoria corta ma i dati restano questi.
Il testo intero dell'intervista
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