domenica 5 giugno 2011

PER I REFERENDUM SULL'ACQUA PUBBLICA

Mio intervento sui referendum, dal Giornale di Vicenza di oggi.

Troppa demagogia sul referendum sull'acqua, scrive sul Giornale di Vicenza Giancarlo Corò. I problemi di efficienza che riguardano il servizio idrico non si risolvono con una croce sul Si o sul No. Teniamoci quindi lontani dagli slogan e dalle letture ideologiche e affrontiamo nel merito la questione.
Nel suo procedere per decreto il Governo ha introdotto l'obbligo della gara per la gestione del servizio idrico o, in alternativa, la cessione del quaranta per cento del capitale delle aziende pubbliche, di proprietà dei comuni. Sarà questa la leva della futura efficienza? Credo proprio di no e cercherò di spiegare il perché. Come ha ben illustrato Antonio Massarutto nel suo documentato libro “Privati dell'acqua” uno sguardo oltre i confini nazionali aiuta a capire che a rendere più o meno efficiente il servizio idrico non è il tipo di gestore, pubblico o privato, ma la qualità del regolatore. Così in Europa si danno ottime esperienze dove i gestori sono società pubbliche di proprietà degli enti locali (Germania) o dove sono prevalentemente privati (Francia).
Cosa hanno in comune queste esperienze? Innanzitutto che il regolatore, sempre pubblico, quello che definisce gli standard del servizio, programma gli investimenti, fissa la tariffa, controlla la qualità, è un soggetto forte, autorevole, competente, in grado di governare sul serio la materia e di porre in atto pesanti sanzioni per le inadempienze. E in Italia? Nella sua foga da decreto il Governo ha abolito le pur deboli autorità di regolazione italiane, le Autorità d'Ambito (chiamate appunto ATO e costituite dai Sindaci), mettendo nella completa incertezza il governo dell'intero sistema. Coloro che dovrebbero fissare i paletti! per le gare volute dal governo sono stati aboliti, e ora le Regioni stanno correndo ai ripari per cercare di salvare il salvabile. L'unica cosa certa dell'attuale soluzione legislativa saranno delle gare gestite da regolatori in regime di proroga, deboli sotto il profilo della competenza tecnica e giuridica e privi di qualsiasi strumento efficace di verifica, controllo e sanzione delle inadempienze dei gestori. E quindi non c'è da attendersi nessun incremento di efficienza da questa “privatizzazione” ma un sicuro aumento dei conteziosi tra regolatori e gestori ( e non oso immaginare cosa possa succedere al sud…). Se si vuole migliorare questo servizio la via è quella di una seria legge di riforma che parta innazitutto dai poteri delle autorità pubbliche di regolazione, e proposte in tal senso giacciono in parlamento da tempo (compresa quella del Partito Democratico) ma la maggioranza si guarda bene dal volerle discutere. Credo sia abbastanza per comprendere che una “privatizzazione” delle gesti! oni, peraltro obbligata, senza regolazione forte non può funzionare e la tardiva istituzione di una Agenzia Nazionale per la Regolazione del Servizio Idrico, fatta anch'essa per decreto nella speranza di evitare il referendum, non è sufficiente. Si pensi che questa agenzia dovrebbe valutare e approvare le oltre cento proposte di piani di investimento e tariffa degli ATO (abrogati) d'Italia!
Insomma i sindaci si vedono oggi costretti a mettere a gara il servizio o a cedere quota delle società dei comuni senza che si sia valutato con chiarezza il livello di efficienza dei loro gestori, distinguendo i “buoni” dai “cattivi”. L'entrata dei privati non garantisce l'aumento degli investimenti, come da qualche parte si sostiene, perché non è il gestore a decidere di questi e nemmeno della tariffa. Per far crescere gli investimenti ci vogliono le decisioni politiche delle autorità di regolazione (ATO, Agenzia Nazionale) e da quest! i bisogna partire per migliorare il sistema, non da obblighi di gara o di (s)vendita.

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