martedì 24 maggio 2011

BOSCARDIN SUL GIORNALE DI VICENZA

Pezzo di Silvia Castagna sul mio saggio "Quando l'acqua del Chiampo cambiava colore" dedicato ad Antonio Boscardin e compreso nel nuovo numero della rivista di storia contemporanea Venetica. Dal Giornale di Vicenza di oggi.

«In questo mese, il 9 gennaio 1974, sono andato con il mio professore ed altri miei amici lungo gli argini del torrente Chiampo, che attraversa la nostra città. Questo è molto sporco, la sua acqua a volte è di colore grigio per colpa degli scarichi, delle abitazione, delle segherie di marmo e delle concerie più a valle». «Oggi 22 ottobre 1976, l'acqua si presenta con colori marrone chiaro e violetto che, mescolandosi, danno luogo a strani fenomeni cromatici che ci divertiamo a seguire per un buon tratto».
Sono gli anni Settanta e nella Valle del Chiampo esplode il distretto della concia: decine di piccoli laboratori si insediano, soprattutto lungo il torrente Chiampo e la roggia di Arzignano. È l'acqua, infatti, la vera protagonista della rivoluzione industriale della valle: serve per trasformare la pelle scuoiata che proviene dai macelli, in cuoio per rivestire salotti, confezionare scarpe, borse, cinture. L'acqua, ricchezza della valle, diventa vittima della sua rapida e selvaggia trasformazione. “L'acqua xe morta”, cantavano i Crodaioli di Nepi De Marzi, e mentre la canzone registrava il disastro ambientale, a scrivere le relazioni sullo stato di salute del Chiampo erano i ragazzi della scuola media di Arzignano, guidati da Antonio Boscardin, perito meccanico diplomato all'istituto Rossi e insegnante di applicazioni tecniche.
Con lui gli studenti percorrevano il fiume metro per metro, fotografando, misurando in maniera rudimentale il ph dell'acqua e i solidi sospesi. Nacquero gli “Appunti sull'inquinamento della Valle del Chiampo”, resoconto impietoso degli effetti dello sviluppo selvaggio della concia sull'ambiente.
Alle vicende arzignanesi degli anni Settanta e all'ambientalismo ante litteram di Antonio Boscardin è dedicato il saggio: “Quando l'acqua del Chiampo cambiava colore”, scritto da Stefano Fracasso per la rivista di studi storici Venetica, dedicata alle “Rivoluzioni di paese”. Recentemente la Rocca di Castello non è riuscita a contenere le persone, oltre duecento, che hanno assistito alla presentazione dello studio, cui hanno partecipato oltre all'autore, Giovanni Favero e Gilda Zazzara, docenti dell'Università di Venezia, il sindacalista Nando Dal Zovo, e la moglie di Antonio Boscardin, Lia Brandellero. Bepi De Marzi ha introdotto la serata intonando “La contrà dell'acqua ciara”, che celebra l'epoca in cui - ha ricordato Dal Zovo - nel Chiampo si poteva fare il bagno.
Con materiali d'archivio e fotografie Fracasso ha tratteggiato la figura di Boscardin che anche all'interno del mondo sindacale fu tra i primi a porre l'accento sulla necessità di mettere al centro delle rivendicazioni la tutela della salute dei lavoratori. Erano gli anni in cui tanti si ammalavano di tumore: il “bruto male”, diceva la gente, e qualcuno iniziava a pensare che il cromo usato nella concia avesse qualche responsabilità. Boscardin, che era anche guardiapesca, andava da solo sul Chiampo, compilava verbali, inviava denuncie, si recava nelle fabbriche, incontrava gli operai, raccoglieva le loro storie. La sua lotta anticipò tanto le battaglie dei movimenti ambientalisti quanto quelle dei sindacati, che nella primavera del 1973 diedero il via ad una stagione di scioperi tesa proprio ad ottenere, prima di tutto, garanzie di un ambiente sano per i lavoratori.
«Quando mostro le foto del torrente scattate da Boscardin - commenta Stefano Fracasso - la gente è incredula per quanto siano cambiate le cose. Negli anni Settanta abbiamo assistito ad una trasformazione così rapida, che ancora oggi c'è la necessità di ricostruire quel che è successo. Ricomporre quelle vicende aiuta a capire chi siamo oggi e perché».

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