martedì 12 ottobre 2010

LA RIFORMA FISCALE? PASSA DAL RECUPERO DELLA FIDUCIA DEI CITTADINI

Il dibattito sulla riforma fiscale aperto sul Giornale di Vicenza da Gigi Copiello ha preso non per caso spunto dalle indagini sull'evasione fiscale di alcune aziende conciarie di Arzignano. Il rapporto tra impresa e fisco, ad Arzignano, si è rivelato lo specchio di un tradimento quasi sfrontato di alcuni ai danni dello Stato.
Non è un segreto: qui in Veneto lo Stato è percepito come un'entità che controlla, complica, munge, opprime gli spiriti vitali dell'impresa e del territorio. E quindi ingannarlo non appare come una colpa, ma come un'astuzia giustificata.
Certo, lo Stato non è solo un fisco complicato e astruso, una burocrazia ostile, una giustizia lunga e incerta. Lo Stato, in Veneto, è anche una sanità efficiente, una scuola di qualità, un welfare sociale e pensionistico di buon livello. Ma non basta a superare una diffidenza diffusa. Che è il primo motivo di quel tradimento fiscale emerso ad Arzignano con echi mediatici emblematici, come lo spazio dedicato a "Presa diretta".
Politica e imprese devono riconoscere che i servizi pubblici (scuola, sanità, pensioni) sono essenziali. Ma per recuperare la "fedeltà" dei cittadini, lo Stato non può limitarsi a pretenderla. Deve fare uno sforzo di efficienza, di semplificazione e di trasparenza. Perché se il patto fiscale tra Stato e cittadini è stato tradito, è anche perché si basava su regole vecchie e superate.
Troppe tasse sui chi produce ricchezza con il lavoro e troppo poche sulle rendite, cioè su chi la ricchezza la moltiplica senza il lavoro.
È questo che deve cambiare. Un nuovo patto fiscale, deve ridurre il peso che oggi grava sulle spalle di chi produce ricchezza con il lavoro, aumentando quello che ricade su chi produce ricchezza senza lavoro.
Una politica meno distratta dovrebbe puntare con decisione su questa misura. E altrettanto coraggio, per uscire dalla crisi, dovrebbero mettere in campo le categorie economiche, degli imprenditori e dei lavoratori in primis. Serve un patto tra produttori che sia davvero nuovo. Serve un fisco che premi chi pratica l'innovazione, chi garantisce la sostenibilità ambientale, e anche chi, oltre a produrre con il lavoro, riproduce la nostra comunità: mettendo al mondo figli e facendoli crescere.
E il federalismo ci aiuterà a rinsaldare la fedeltà? “Occhio non vede, cuore non sente” vale anche per le tasse? Sappiamo che la fedeltà ai tributi locali è più alta di quella ai tributi nazionali.
Avvicinare chi preleva le tasse a chi le spende, chi paga a chi vota, è un cambiamento necessario, purché non ci illudiamo che lo strumento, il federalismo fiscale, possa sostituire il contenuto e riempire lo smarrimento sociale dei nostri tempi.
Senza un'idea di futuro, senza uno sforzo per definire nuovi traguardi sociali, economici, ambientali, dopo aver tradito lo Stato, si finirà per tradire la Regione o il Comune. Nei corsi per fidanzati lo chiamano progetto di vita. In una società, è la visione di uno sviluppo sostenibile. Una strategia per il domani, oltre l'emergenza del presente.
Intervento sul Giornale di Vicenza del 12 settembre 2010

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