giovedì 28 ottobre 2010

ALTRO CHE NUCLEARE, IL NOSTRO FUTURO SONO LE SOSTENIBILI

Dai dati del 2009 emerge una conferma: il Veneto è in ritardo sulle energie rinnovabili. Urge una vera svolta verde. Anche nella mia veste di vicepresidente della Commissione regionale sull'ambiente vorrei richiamare l'attenzione sulla questione energetica: altro che nucleare, la strada su cui investire è quella delle energie rinnovabili, che possono alimentare anche un importante indotto produttivo e occupazionale per le imprese del territorio.

Dal rapporto del Gestore dei servizi energetici sulla produzione di energia dalle fonti rinnovabili emerge che, nel 2009, la quota di energia prodotta grazie alle rinnovabili è salita dell’11.5% su base annua. Anche grazie ad un calo globale dei consumi pari al 6%, l’incidenza complessiva è balzata al 19%.

Rispetto all’obiettivo europeo di portare al 20% il contributo delle rinnovabili alla produzione energetica nazionale il Veneto è 12° posto, con il 13.4% dei consumi lordi, contro una media nazionale del 19%. La potenza rinnovabile installata in Veneto è di soli 1.301 Megawatt, contro i 5.538 della Lombardia. Nella classifica nazionale siamo all’8° posto. Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Puglia e Lazio superano il Veneto anche sullo specifico fronte dell’energia solare.

C'è da fare molto su queste prospettive. Oggi più che mai è verde la strada per lo sviluppo.


Il link al rapporto del Gse:
http://www.gse.it/attivita/statistiche/Documents/STATISTICHE-2009.pdf


lunedì 25 ottobre 2010

UNA RIFLESSIONE SUI FLUSSI DI IMMIGRATI DOPO LE DICHIARAZIONI DI ANGELA MERKEL

Le dichiarazioni del cancelliere Angela Merkel sul fallimento delle politiche immigratorie tedesche sono state raccolte dalla politica veneta e non solo. Dal presidente Luca Zaia al sindaco di Thiene Maria Rita Busetti non sono mancate le rapide conclusioni: stop ai flussi. Ma si sa: la fretta è cattiva consigliera. Ed è il caso quindi di ricordare a entrambi alcune semplici verità.
La prima: i flussi sono bloccati dal 2007. Risale a quell'anno infatti l'ultimo decreto per le quote di lavoratori non stagionali. Da allora sono state autorizzate solo quote per lavoratori stagionali, con il beneplacito delle Regioni a guida leghista e del Ministro dell'Interno Maroni. A questa si è aggiunta la regolarizzazione delle cosiddette "badanti". Quindi: perché si vuol far credere necessario uno stop che è già avvenuto? Perché strillare tanto quando dal 2007 i flussi sono di fatto bloccati?
Secondo: è il caso di ricordare che le politiche immigratorie tedesche si sono fondate sull'idea del
Gastarbeiter, il lavoratore ospite, cioè sul principio che chi entrava in Germania lo poteva fare perché necessario all'industria tedesca. E vi sarebbe rimasto in quanto "ospite" appunto; appena quella necessità di manodopera fosse cessata l'ospite sarebbe ripartito. La Germania gestì questi flussi attraverso accordi bilaterali con alcuni Paesi, il primo dei quali nel 1955 fu siglato proprio con l'Italia. Sono infatti oltre seicentomila gli italiani residenti in terra tedesca. Vennero poi altri accordi bilaterali il più importante dei quali fu quello con la Turchia del 1961. Se accettiamo il fallimento delle politiche tedesche dovremmo di conseguenza riflettere sul possibile fallimento di quelle italiane che si ispirano a quel modello. I flussi e il permesso di soggiorno in Italia sono legati al contratto di lavoro, e quindi di fatto anche in Italia lo straniero è un "lavoratore ospite". E si sa che un ospite invitato a cena non aiuta a sparecchiare la tavola e tanto meno a lavare i piatti.
Considerare gli stranieri "ospiti per lavoro" è il principale motivo del fallimento denunciato dalla Merkel, perché una comunità di "ospiti" non diventa mai una comunità di cittadini; l'ospite non si farà mai carico pienamente dei destini della società ospitante. I tedeschi pensavano che sarebbero arrivate braccia in prestito e si sono ritrovati persone con un progetto di vita. Non è quello che sta succedendo in Italia?
Di fronte alle considerazioni della Merkel, quindi, più delle recriminazioni sui flussi, già bloccati, varrebbe una seria revisione della nostra legge sull'immigrazione e sui modi e gli strumenti per far diventare gli stranieri da ospiti a cittadini, persone che si assumono fino in fondo la responsabilità del destino della società in cui vivono, diritti e doveri compresi. Per esempio che ne sarà degli oltre seicentomila studenti stranieri presenti oggi nelle nostre scuole, al compimento del diciottesimo anno di età? Li faremo attendere altri anni ancora per decidere se diventare cittadini italiani o rimanere "ospiti per lavoro"? Quanto prima li faremo diventare cittadini italiani tanto più difficile sarà per loro sfuggire alla necessità di assumersi gli obblighi verso la comunità italiana di cui fanno parte. A questo dovrebbe servire un ragionevole dibattito sulla questione sollevata dalla Merkel, altrimenti tra qualche anno ci ritroveremo a dire le stesse cose della nostra attuale legge sull'immigrazione.
Intervento sul Giornale di Vicenza del 25 ottobre 2010


giovedì 21 ottobre 2010

PATI: LA GIUNTA REGIONALE SI DECIDA AD APPROVARLO

Il Pati, piano di assetto del territorio intercomunale di Montebello, Gambellara, Montorso e Zermeghedo è fermo. Nonostante i Comuni abbiano compiuto tutti i passaggi tecnici necessari, la Regione Veneto non l'ha ancora ratificato. Perché?
A chiederlo, con un'interrogazione alla giunta veneziana è il consigliere regionale del Pd Stefano Fracasso: «Questo piano è un mezzo strategico e indispensabile per il governo dei territori e a maggior ragione di quello di cui stiamo parlando, che attende da tempo decisioni efficaci per un ridisegno dell'area anche dal punto di vista produttivo. Il Pati era all'ordine del giorno della giunta veneta già diverso tempo fa, è stato tolto e mai ricalendarizzato. Non può essere - prosegue Stefano Fracasso - la vicenda relativa alla realizzazione del Cis, il Centro Intermodale di Scambio, previsto a Montebello, a costituire motivo di ostacolo per l'approvazione del Pati, perché questa partita, compresa l'ipotesi del parco commerciale, sarà oggetto di successivi accordi di pianificazione».
«La giunta regionale - conclude quindi il consigliere, ex sindaco di Arzignano - la smetta di tergiversare e dica con precisione quando verrà approvato il piano».
Articolo di Silvia Castagna dal Giornale di Vicenza del 21 ottobre 2010

mercoledì 20 ottobre 2010

ZAIA, OSTAGGIO DELLA SUA STESSA GIUNTA, PRONTO A PENALIZZARE LA SANITA' VICENTINA

La nuova proposta di riparto delle risorse per le Ulss ha subito un nuovo stop da parte della Giunta regionale. Tale stop è un dato preoccupante, indica che il groviglio del buco nei conti della sanità è difficile da gestire anche per chi ha ottenuto dagli elettori un grande consenso e può contare in Consiglio su una larga maggioranza. Perché lo stop non è venuto dall’ostruzionismo delle minoranze, né da una frenata dei consiglieri di maggioranza, ma direttamente dalla squadra di Assessori cui Zaia ha dato la sua fiducia, e di cui in questo caso sembra diventato invece ostaggio. Nella proposta bloccata ieri dalla Giunta, alle Asl vicentine veniva assegnato un 2.7% di risorse in più, oltre 36 milioni di euro. Ora non ci resta che auspicare che i legittimi interessi del territorio vicentino, che è stato storicamente penalizzato, malgrado una delle gestioni più efficiente dei bilanci della sanità, non siano ora per l’ennesima volta sacrificati dai compromessi al ribasso necessari a Zaia per ottenere il consenso dalla sua stessa Giunta. Forse il voto di fiducia, anziché contro il Consiglio, dovrebbe invocarlo contro i suoi stessi colleghi di squadra.

giovedì 14 ottobre 2010

SANITA': ZAIA FORTE CONTRO I DEBOLI, DEBOLE CONTRO I FORTI

Ė in corso il Consiglio regionale straordinario con la discussione sul buco nei conti della sanità regionale. Lega e Pdl avrebbero dovuto risparmiare ai Veneti il penoso spettacolo di un rimpallo di responsabilità tra Luca Zaia e Giancarlo Galan. La cosa peggiore, ad oggi, è che il centrodestra, per paura di affrontare i nodi veri della spesa sanitaria, quelli dove le lobby forti contano, scaricano i costi sui soggetti deboli del mondo socio sanitario, cioè le realtà del terzo settore impegnate nelle attività di riabilitazione, inserimento sociale e lavorativo, tutela dei disabili e dei minori, nei servizi di prevenzione. Se davvero tutto questo teatrino non è solo il modo di regolare dei conti con i suoi stessi alleati e con gli uomini del sistema Galan nella sanità regionale, allora Zaia dovrebbe decidersi a fare una proposta di piano socio-sanitario, uno strumento che al Veneto manca ormai già da troppo tempo, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti”.

Del tutto insufficiente e deludente è stata, invece, la replica al dibattito proposta dall’Assessore regionale Coletto. In un dibattito sulle vere cifre della sanità, non ha saputo dare nemmeno un numero certo. Fa venire in mente quella vecchia canzone: parole, parole, parole…


martedì 12 ottobre 2010

LA RIFORMA FISCALE? PASSA DAL RECUPERO DELLA FIDUCIA DEI CITTADINI

Il dibattito sulla riforma fiscale aperto sul Giornale di Vicenza da Gigi Copiello ha preso non per caso spunto dalle indagini sull'evasione fiscale di alcune aziende conciarie di Arzignano. Il rapporto tra impresa e fisco, ad Arzignano, si è rivelato lo specchio di un tradimento quasi sfrontato di alcuni ai danni dello Stato.
Non è un segreto: qui in Veneto lo Stato è percepito come un'entità che controlla, complica, munge, opprime gli spiriti vitali dell'impresa e del territorio. E quindi ingannarlo non appare come una colpa, ma come un'astuzia giustificata.
Certo, lo Stato non è solo un fisco complicato e astruso, una burocrazia ostile, una giustizia lunga e incerta. Lo Stato, in Veneto, è anche una sanità efficiente, una scuola di qualità, un welfare sociale e pensionistico di buon livello. Ma non basta a superare una diffidenza diffusa. Che è il primo motivo di quel tradimento fiscale emerso ad Arzignano con echi mediatici emblematici, come lo spazio dedicato a "Presa diretta".
Politica e imprese devono riconoscere che i servizi pubblici (scuola, sanità, pensioni) sono essenziali. Ma per recuperare la "fedeltà" dei cittadini, lo Stato non può limitarsi a pretenderla. Deve fare uno sforzo di efficienza, di semplificazione e di trasparenza. Perché se il patto fiscale tra Stato e cittadini è stato tradito, è anche perché si basava su regole vecchie e superate.
Troppe tasse sui chi produce ricchezza con il lavoro e troppo poche sulle rendite, cioè su chi la ricchezza la moltiplica senza il lavoro.
È questo che deve cambiare. Un nuovo patto fiscale, deve ridurre il peso che oggi grava sulle spalle di chi produce ricchezza con il lavoro, aumentando quello che ricade su chi produce ricchezza senza lavoro.
Una politica meno distratta dovrebbe puntare con decisione su questa misura. E altrettanto coraggio, per uscire dalla crisi, dovrebbero mettere in campo le categorie economiche, degli imprenditori e dei lavoratori in primis. Serve un patto tra produttori che sia davvero nuovo. Serve un fisco che premi chi pratica l'innovazione, chi garantisce la sostenibilità ambientale, e anche chi, oltre a produrre con il lavoro, riproduce la nostra comunità: mettendo al mondo figli e facendoli crescere.
E il federalismo ci aiuterà a rinsaldare la fedeltà? “Occhio non vede, cuore non sente” vale anche per le tasse? Sappiamo che la fedeltà ai tributi locali è più alta di quella ai tributi nazionali.
Avvicinare chi preleva le tasse a chi le spende, chi paga a chi vota, è un cambiamento necessario, purché non ci illudiamo che lo strumento, il federalismo fiscale, possa sostituire il contenuto e riempire lo smarrimento sociale dei nostri tempi.
Senza un'idea di futuro, senza uno sforzo per definire nuovi traguardi sociali, economici, ambientali, dopo aver tradito lo Stato, si finirà per tradire la Regione o il Comune. Nei corsi per fidanzati lo chiamano progetto di vita. In una società, è la visione di uno sviluppo sostenibile. Una strategia per il domani, oltre l'emergenza del presente.
Intervento sul Giornale di Vicenza del 12 settembre 2010

martedì 5 ottobre 2010

A RISCHIO I SERVIZI SANITARI IN VENETO, E ANCHE A VICENZA

Il Pd lancia l'operazione trasparenza sul presunto buco da oltre un miliardo che rischia di mettere in ginocchio la sanità veneta. «Abbiamo raccolto le firme per convocare un consiglio regionale straordinario - esordisce Laura Puppato, capogruppo del Partito democratico - e contiamo di avere il sostegno anche di esponenti del Pdl». Ma non finisce qui. Nel corso della conferenza stampa, presenti i componenti Pd della Commissione sanità, Claudio Sinigaglia rilancia: «Di fronte il balletto di cifre sullo stato reale della sanità veneta è necessario cambiare le regole del gioco».
Ecco perché i consiglieri regionali del Pd hanno chiesto a gran voce che la relazione trimestrale della Giunta trasmessa al ministero, possa essere inviata anche ai membri della commissione sanità. L'opposizione è agguerrita, talmente agguerrita da avere rispolverato un comunicato che porta la data del 20 giugno 2008, nel quale il consigliere Pd Giovanni Gallo, che se la prendeva con l'allora presidente Galan, sottolineava già il buco nella sanità, una voragine che, recita la nota, sfiorava il miliardo di euro. Segreto di pulcinella, come dice il governatore Zaia? Nelle segrete stanze della Lega, a sentire gli esponenti dell'opposizione, i conti non tornavano da tempo. Suscita "perplessità e sconcerto" tra i consiglieri democratici che proprio il Carroccio, custode della sanità veneta coi suoi assessori succedutisi a Palazzo Balbi (Tosi, Sandri, Martini) e in particolare il presidente Zaia, «abbia avuto bisogno di accendere la luce, quando è stata proprio la Lega - aggiunge Sinigaglia - a mettere al buio la sanità veneta». Puppato ci va giù pesante: «Si parla di federalismo, costi standard e Veneto virtuoso mentre si rischia il commissariamento. Diciamoci la verità: il Veneto è come la Calabria». Anche il consigliere regionale Stefano Fracasso, vicentino, lancia l'allarme: «Se fosse confermato il quadro emerso in questi giorni, anche i vicentini, malgrado una situazione delle Ulss provinciali meno grave che altrove (con un deficit complessivo ufficiale entro i 30 milioni di euro), rischiano di pagare un caro prezzo in termini di servizi».
Dal Giornale di Vicenza del 04 ottobre 2010