lunedì 26 luglio 2010

MECCATRONICA E CULTURA: DUE CARTE DA GIOCARE

Questo editoriale è uscito sul Giornale di Vicenza sabato 24 luglio.

L’ampia discussione promossa da questo giornale sulle ricadute della crisi economica in Veneto e sulle possibili indicazioni per uscirne sollecita diverse questioni. Chiama in causa le imprese, i sindacati, l’università, gli enti locali e tuttavia ancora non si intravede una sede certa, efficace, autorevole di governo delle interdipendenze necessarie per fare massa critica. Oramai tutti i commentatori concordano che le traiettorie di nuovo sviluppo non possono che agganciarsi alle eccellenze regionali, a quelle realtà che, pur radicate e cresciute dentro le trame del tessuto territoriale, si proiettano sullo spazio mondiale. Anche a una sola lettura superficiale risulta evidente che nel Veneto questa proiezione si realizza geograficamente nell’area centrale del territorio Veneto, che da Verona conduce a Venezia, passando per Vicenza, Treviso e Padova. Per stare alle grandi piattaforme pubbliche, gli areoporti, le università, le cliniche universitarie, la logistica (il porto di Venezia piuttosto che l’interporto di Verona), le fiere, i poli culturali di rilevanza europea (dalla Biennale all’Arena) si collocano lungo questo asse metropolitano. Si tratta di piattaforme indispensabili per far decollare l’economia e la società veneta oltre le strettoie del presente. Un asse privo tuttavia di una sede di governo che possa comporne un disegno unitario e condiviso di sviluppo, determinarne le priorità di investimento, guidarne la sua complessa evoluzione. Per questo il nuovo statuto del Veneto deve diventare l’occasione per definire una Conferenza dell’Asse Metroplitano Veneto, composta dall Regione e dai capoluoghi di provincia. Cinque città e la Regione insieme per governare le scelte strategiche di poche ma decisive materie: aereoporti, trasporti metropolitani, logistica delle merci, università, fiere e grandi poli della cultura, perchè la metropoli diffusa guadagni finalmente un suo centro politico nevralgico. Perchè si costituisca una sede dei decisori pubblici in grado di essere interlocutore unico di quel vario e ricco mondo economico che cerca risposte chiare di rango regionale. E non si tratta di escludere Belluno e Rovigo dalle politiche regionali, quanto di riconoscere al bellunese una propria traiettoria di sviluppo legata al territorio montano e a Rovigo altre vocazioni socioeconomiche.

Cosa può mettere Vicenza dentro questa prospettiva? Quali carte può giocare di rango regionale? Il polo della meccatronica è una di queste, non solo questione vicentina dunque ma vero tema strategico regionale, per ambizione nella sua proggettazione, per coinvolgimento di soggetti, per priorità di investimento. La seconda la riassumerei nella formula Palladio, Olimpico, Teatro, C4. Una proposta culturale che sappia partire dal Palladio per proiettarsi nella piena contemporaneità, facendo di Vicenza e del suo territorio calamita di intelligenze creative, di esperienze di avanguardia, una cultura che sappia declinarsi anche turisticamente. Non c’è dubbio che alcune recenti iniziative ne fanno intravvedere le opportunità e la nomima di Flavio Albanese alla presidenza del Teatro cittadino non può che essere un straordinario viatico, visto il suo profilo eclettico e innovatore. Oppure l’azione di promozione turistica della città a partire dal suo patrimonio culturale messa in cantiere dal sindaco Variati. Ma anche qui purchè il tutto non rimanga solo tema vicentino. Sappiamo che l’investimento culturale è stato assunto come leva di sviluppo in altre città europee, anche di ridotte dimensioni demografiche, con esiti molto positivi. Di nuovo si propone la necessità una proiezione larga altrimenti gli sforzi rischiano di produrre esiti limitati, se non sconfortanti. Vicenza si gioca attorno a queste due carte la sua dignità regionale, che non è solo questione di forma ma di trampolini di nuovo sviluppo. Vicenza e l’asse metropolitano veneto, la meccatronica e la cultura come traiettorie di rinnovamento economico e sociale, sono anche l’occasione perchè la politica si renda finalmente utile, a tutti livelli.

venerdì 23 luglio 2010

PROSTITUZIONE: LE RONDE NON SERVONO

Lo dico senza pregiudiziali politici, ma da quello che ho ascoltato oggi in quinta commissione regionale, in cui le associazioni e degli operatori delle unità di strada che intervengono contro la tratta e lo sfruttamento sessuale in Veneto presentavano i dati della loro attività, la conclusione è semplice: ordinanze e ronde non hanno prodotto nessun effetto sulla diffusione della prostituzione in Veneto. Almeno 2000 le donne che si prostituiscono in strada nelle principali città venete, il 6% di età inferiore ai 18 anni. Un turn over del 30% annuo, un forte controllo da parte dei racket e quindi condizioni pesanti di sfruttamento e violenza.
Le associazioni e gli operatori hanno chiesto l'audizione preoccupati per il taglio a zero dei già pochi fondi regionali destinati al contrasto dell'abuso e dello sfruttamento sessuale e delle povertà estreme. La realtà che emerge dal loro racconto è quella di una prostituzione che rimane stabile sulla strada, ma che si moltiplica anche negli appartamenti, dove più difficile è l'intervento sia delle forze dell'ordine che degli operatori sociali. Contrariamente a quanto si crede, in appartamento lo sfruttamento è maggiore e la possibilità di sfuggire al controllo delle organizzazioni criminali molto difficile. Sentir parlare Barbara Maculan dell'associazione Mimosa di Padova, a nome di tutte le associazioni e delle cooperative sociali impegnate in Veneto su questo campo, fa riflettere: “Sono state oltre 400 le donne che si sono sganciate dallo sfruttamento grazie all'azione della rete di intervento sociale (unità di strada, assistenza sociale e sanitaria, reinserimento lavorativo) che corrispondono ad almeno altrettante denunce nei confronti degli sfruttatori”.
L'azione di chi cerca di cancellare questa vergognosa piaga dalle nostre strade rischia di interrompersi bruscamente se non verranno rifinanziati i capitoli regionali che per il momento sono stati azzerati. Se vogliamo guardare all'efficacia delle azioni più che alle posizioni ideologiche bisogna riconoscere che le unità di strada producono più contrasto, protezione sociale e sicurezza che le ronde e le ordinanze dei sindaci. Quindi mi auguro che l'appello lanciato dalle associazioni venga accolto dal Consiglio Regionale in occasione dell'assestamento di bilancio, rifinanziando i progetti di strada. D'altro canto si faccia nel territorio una seria verifica dei risultati prodotti dalle ordinanze, senza pregiudizi e polemiche: se una cosa non funziona va rivista con molta onestà.

giovedì 15 luglio 2010

LE CATEGORIE ECONOMICHE CHIEDONO POLITICHE DI SVILUPPO, ZAIA NON HA NEPPURE AVVIATO UN TAVOLO DI CONFRONTO

Una ripresa che leggiamo solo sui giornali: è stato questo il giudizio unanime dei rappresentanti delle categorie economiche regionali (Confindustria, Confcommercio, CGIL, CISL, UIL, Confesercenti, Confapi, CNA e rappresentanti Grande Distribuzione) intervenuti in audizione nella terza commissione del Consiglio Regionale, giovedì scorso. Il quadro che ne esce è chiaro: la crisi sta mordendo forte e sulle risposte il giudizio è positivo solo sui cosiddetti ammortizzatori sociali; ancora critico il versante del credito, niente di nuovo sulla semplificazione e sburocratizzazione della pubblica amministrazione, a partire da quella regionale.

C'è una domanda di nuove politiche di sviluppo, Confindustria ha fatto riferimento a politiche JOB CREATION, e dopo 100 giorni Zaia non ha ancora avviato un tavolo con le categorie economiche. L'audizione in commissione è stata la prima occasione di confronto tra categorie e Regione. Nel 2010 perfino i consumi alimentari dei veneti sono in calo ed è questo un dato che non si vedeva da decenni. Bene quindi il sostegno, ma è tempo di mettere al centro lo sviluppo e di definire settori strategici, infrastrutture, investimenti. La prima urgenza della politica regionale è questa. È emblematico, ed è quasi una sorpresa, che nessun rappresentante di categoria abbia messo il federalismo fiscale tra le priorità. Vogliono partecipare a una nuova definizione del Veneto, chiedono tempi certi per provvedimenti importanti come il Piano Commerciale, la sicurezza dei pagamenti della pubblica amministrazione, indirizzi chiari per la formazione professionale. Insomma meno chiacchiere ‘federaliste’ e più concretezza.

Il mondo del lavoro e dell'impresa si aspetta un impegno serio e produttivo da parte della Regione. I cambiamenti strutturali in atto nel commercio, nell'industria manifatturiera, nell'edilizia guardano oltre il federalismo e si rischia di perdere di vista le vere necessità regionali. Ricreare le condizioni dello sviluppo e dell'occupazione è la priorità politica del Partito Democratico e quindi la nostra disponibilità è assicurata.