mercoledì 30 giugno 2010

LA MANOVRA E I SILENZI IN CONSIGLIO REGIONALE

E' stato il silenzio di Zaia, la sua assenza, la notizia del primo vero Consiglio Regionale di ieri. Quando, tra le comunicazioni finali, l'assessore al bilancio Roberto Ciambetti ha introdotto il tema della manovra economica del Governo e delle sue ricadute sulla finanza regionale il dibattito si è acceso. Già il fatto che un tema così scottante come il rapporto tra regioni e stato centrale venga proposto come "varie ed eventuali" è sembrato ai più irrituale. Ma poi è mancata completamente da parte della Giunta una indicazione precisa delle richieste del Veneto, dei punti irrinunciabili a difesa di una autonomia sempre proclamata ma puntualmente disattesa. E Zaia non c'era, certo impegnato con i sindaci, anche loro fortemente contrari a una manovra che seppellisce il federalismo fiscale prima che nasca. Ma a mancare è stata una chiara visione di cosa intenda fare la nostra regione, di come voglia rispondere all'appello dei sacrifici senza soccombere sul piano della capacità di autogoverno, di cosa abbia messo di suo sul tavolo di confronto con il Governo. Alla fine la risoluzione unanime che promette di rimettere le deleghe del decentramento se non cambia la manovra è stata la coperta stesa sul posto vuoto del Presidente Zaia. Metafora di ben altro, preoccupante vuoto.

mercoledì 16 giugno 2010

LA QUESTIONE FISCALE GRANDE COME UNA CASA

E' partita in questi giorni l’operazione anti-corruzione promossa dalla Guardia di Finanza di Vicenza. Com'è ovvio, le responsabilità individuali vanno accertate dalla magistratura. Certo c’è un dato politico su cui riflettere: in Italia esiste una questione fiscale grande come una casa, che i governi di centrosinistra e di centrodestra non sono riusciti a risolvere.

Serve un patto basato su due condizioni semplici ma essenziali. La prima è che lo Stato ha il dovere di garantire a chi lavora e produce un sistema fiscale più equo e chiaro, premiando chi crea la ricchezza reale rispetto a chi scommette sulle rendite.

La seconda è che le tasse le devono pagare tutti: altrimenti non ne pagheremo mai meno. L’evasione fiscale, al di là dei giudizi morali, è e resta prima di tutto un atto di concorrenza sleale. Che danneggia quella maggioranza di imprenditori, artigiani, commercianti e lavoratori che le tasse le pagano. Se si considera anche il sommerso, in Italia il prelievo fiscale è attorno al 42% del Pil. Ma per chi non evade, il fardello fiscale va ben oltre il 50% della ricchezza che producono. La macelleria sociale dei giorni nostri? È questa. E sbaglia chi crede che la lotta all’evasione fiscale, in questo paese, possa restare un optional.